martedì 15 febbraio 2011

Da "Io e Gabriele": festa di fine asilo giugno 2009

PREFAZIONE: come ogni buon/buona italiota che si rispetti, anche io avevo cominciato a scrivere un...una cosa, non proprio un libro, ecco...un libercolo, un'agenda, un diario, insomma, dove annotare gli episodi, ameni e non, capitati a me e Gabriele in relazione alla nostra "particolare" condizione di invalidi. E contavo, una volta dopo averne messi insieme abbastanza, di dare il tutto alle stampe, in qualche modo. Penso che però sia utile anche pubblicare in anticipo qualche estratto, di questo diario, su questo blog, con un post ogni tanto, di modo che se qualcuno nelle nostre stesse condizioni, magari, capitasse da queste parti e leggesse queste cose - che, vi assicuro, sono nella norma più normale nella quotidianità di un disabile - si sentisse un po' sollevato e magari, a volte, anche rasserenato.

E quindi, ecco il primo post relativo alla festa di fine asilo, nel giugno 2009.

Giugno 2009

Oggi festa all’asilo, festa di fine anno. I bimbi di cinque anni, che il prossimo anno andranno a scuola, vengono laureati con tanto di tocco e mantello, e viene dato loro anche un bel diploma. Il tutto sulle note di una nota canzone, dove le maestre, al posto di “salirò salirò”, fanno cantare ai piccoli protagonisti “crescerò crescerò in una scuola non troppo lontanaaa”. Mamme in tenuta da sera (solo alcune, nonostante fossero le 5 del pomeriggio e si svenisse dal caldo, nel cortile dell’asilo), e poi videocamere, cellulari spaziali con tanto di zoom incorporato, e, naturalmente, fazzoletti e occhi lucidi a go go. E in effetti commuove vedere il proprio pargolo esibirsi, anche se sta solo canticchiando una canzoncina facile facile; figurarsi poi vederselo già bello e laureato a 5 anni! Insomma, il momento arriva, chiamano Gabriele, e io sono pronta, da brava mamma, col mio bel cellulare in pole position. Vicino a me, una nonna “moderna” (ormai non esistono più le nonne di una volta, quelle modello candeggina ACE, per intenderci: sono tutte super carrozzate, abbronzate, labbroni modello gommone), ma con il tipico fare da classica suocera impicciona e invadente: a ogni piccolo laureato riserva a se stessa, e a me, tapina, che le sono vicino, un grazioso commentino: “ah, ma come è alta, questa qui”, oppure “ma questo, non arriva nessuno a laurearlo?”, il tutto naturalmente non tra sé e sé ma ad alta voce, così che tutti possiamo godere dei suoi arguti commenti.

Insomma, arriva Gabriele e io armeggio col dannato cellulare che si è bloccato, e mentre armeggio mi arriva, puntuale, il commento: “ah, ma è quel bimbo lì…”.

Gelata.

“Quel bimbo lì, con l’ “ah” davanti e i tre puntini al fondo, detto non con la solita aria di commiserazione o di compassione, a volte anche sincera, a cui ormai sono abituata e che a volte non è nemmeno sgradevole. No, detto con una sorta di disgusto, di seccato rammarico, della serie “ah, ma tanto è un invalido su una carrozzina, e dobbiamo pure stare qui a perdere del tempo a sentire anche la sua nomination….”.

Non ho più voglia di fare foto; ho le lacrime agli occhi e vorrei portare via Gabriele da davanti agli occhi di questa stronza. Ma voglio fare una foto a Gabriele, glielo devo, visto che con fatica e tutto sorridente, assieme alla sua maestra Elisa, si è portato pian pianino, a piccoli passetti, sul podio, e mi guarda fiero. Scatto la foto a casaccio, dove capita capita, qualcosa verrà, mentre la stronza, dopo la mia riposta “ah, sì, quel bimbo lì è mio figlio, se non le spiace” (di meglio al momento non mi è venuto, avrei potuto dirle : ”le invalidità motorie si vedono, ma pensi cosa non si vedrebbe se si potesse vedere l’interno del suo cervello, sempre che lei ne possegga uno!” ) , cerca di rimediare alla magra, anzi, anoressica figura rovinandomi il resto della festa e chiedendomi, nei pochi secondi in cui invece dovrei godermi la “laurea” di Gabriele..”ah, ,ma va a scuola il prossimo anno? ?” Vorrei risponderle, sì, perché, visto che è in sedia a rotelle deve essere anche scemo?

A volte, i miei simili mi disgustano a tal punto che vorrei chiappare Gabriele e andare su un eremo, io , lui e una capra, come nel film “Il sole anche di notte”, o come Zarathustra, andare sulla collina e guardare gli uomini-bambini col sopracciglio alzato, e non mescolarmi a quella massa insulsa. Proteggere Gabriele dagli sguardi degli stupidi, dei maligni, dei curiosi.

Ma poi ripenso alla maestra Elisa, che ha messo faticosamente in piedi Gabriele per questa festa, e se lo sta praticamente sorreggendo lei, per non farlo sentire diverso, mettendo a dura prova la sua schiena. Ripenso a Beniamino, che gli ha regalato il suo flauto preferito e lo accarezza sempre sulla testa, quando arriva all’asilo. E mi riappacifico con i miei simili.

Un po’.


3 commenti:

  1. ma non ci posso credere.... però ti dico che nelle scuole oggi si vedono tantissimi bambini amici perchè si capiscono guardandosi negli occhi, perchè se la intendono, perchè gli piacciono le figurine... perchè sono bambini e mi auguro che da uomini provino gli stessi stentimenti... Pietro che è il migliore amico di Samu, autistico medio della sua classe lo ama come se fosse suo fratello ma di più e quello che vede è solo Samuele nient'altro... forse sono abituati alla carrozzina di mio papà... ma mi auguro di avergl insegnato almento un pochino che l'amore scavalca barriere, colori e lingue perchè parla con il cuore... e a quella nonna con il cervello atrofizzato... che pensa... un bacione Ely

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  2. mi aggrego anche a questo tuo blog perchè so quanto faccia piacere avere dei sostenitori..ps bellissimo tuo figlio... ciao a presto Simmy

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  3. ho letto tutto di un fiato il tuo sfogo( riguardo alla prossima gita) accorato, ti ho nel cuore,ti ammiro , ti stimo per il tuo coraggio da leonessa nell'affrontare i grossi ostacoli che la nostra spietata società ti mette volta volta di fronte.Un bacio a Gabriele ed a te Simmy

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